Ieri giù il sipario sulla prima edizione, che ha raccolto a Roma 100mila bambini in due giorni.
Il giorno dopo la Giornata mondiale dei bambini il mondo è un po’ più nuovo. “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”, questo il motto scelto per la prima edizione, conclusasi ieri con il monologo di Roberto Benigni in piazza San Pietro. E oggi possiamo davvero dire di esserci rinnovati. Le parole fiabesche di Benigni, che ha esordito dicendo che “la vita è amore, conoscenza, e una compassione infinita per il dolore che attraversa l’umanità”, e ha poi invitato i bambini a “fare della propria vita un capolavoro, a costruire un mondo migliore”, perché le persone migliori sono quelle che continuano a sognare. A sognare, anzitutto, un mondo senza guerre.
Se il discorso dell’attore è stato il culmine, il filo conduttore delle due giornate è stata la richiesta di pace. Mettevano i brividi le parole del papa sabato all’ Olimpico, davanti a 50mila bambini che hanno quasi riempito lo stadio: “Che cosa volete?”, ha ripetutamente chiesto il Santo Padre alle gradinate gremite. “Pace!”, rispondevano i bambini, con una sola voce. Bambini di 101 nazioni diverse che parlavano una sola lingua.
C’erano anche i bimbi di Betlemme a gridare lo scandalo della guerra che - come ha testimoniato uno di loro - soffoca come un serpente, che tiene sulla terra l’immaginazione che vorrebbe volare. Volare, come “l’artista volante” del Cirque Du Soleil che, attaccata ai palloncini, ha mostrato al pontefice e ai partecipanti uno dei momenti più alti della due giorni, incarnando la nostra immaginazione, il sogno di raggiungere il cielo, la strabiliante forza di quel sogno.
Oggi che la Giornata mondiale dei bambini è finita, che le delegazioni di bambini sono tornate a casa o stanno per farlo, ci resta, oltre alla fisiologica malinconia del giorno dopo, anche la consapevolezza di aver vinto una scommessa, di avere organizzato una giornata storica per la Chiesa e di averlo fatto in pochi mesi. Il merito va alle ondate di bambini che hanno riempito Roma, chiamati dal papa alla ricerca di pace.
Lino Banfi, il “nonno d’Italia e d'Europa”, un altro protagonista che ha intenerito e divertito la marea colorata dell’Olimpico, usava dire in una vecchia serie televisiva che “una parola è troppa e due sono poche”, invitando a usare parole precise e essenziali.
Lo stesso invito di Benigni ieri a San Pietro, quando nel corso del suo monologo ha riflettuto con la piazza sulla necessità di imparare parole nuove per riuscire a esprimere i pensieri e le emozioni. Parole come pietre, per dire forte e chiaro che nel mondo finiscano le guerre.
Appuntamento allora a settembre del 2026. La seconda edizione, per adesso, è ancora un foglio bianco: lo riempiremo con le nostre parole di pace.
Padre Enzo Fortunato